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Alberto Guggino

di Giorgio Finello

Lo sapevano tutti, un tempo questo giardinetto sbilenco era il punto di incontro dei drogati. Adesso non sapresti dire se ancora ne esistono oppure, come la classe operaia, sono andati tutti in paradiso


Ma oggi, quando arrivi al giardinetto, l’aria è impregnata del profumo esagerato dei tigli, altro che cannabis. E allora ti fermi un attimo sul sentiero e chiudi gli occhi, inalando con voluttà, fin quasi allo stordimento. Però non sei qui per questo. Dietro questi tigli giganteschi si cela il palazzo deserto, circondato da transenne che dovrebbero dissuadere i curiosi come te. Attraverso un varco sgusci nella zona rossa e alzi lo sguardo su imposte e finestre aperte, come se chi abbandonò il palazzo l’avesse fatto di corsa, per un terremoto o un allarme aereo, e non fosse mai più tornato. Sui davanzali coppie di piccioni che si becchettano sotto le ali, quasi si fossero appena svegliati e avessero spalancato loro le imposte.

E tu continui la tua esplorazione proibita, al riparo di un arbusto per nasconderti dalla signora che stende i panni sul balcone di fronte. Infine riattraversi il varco nella recinzione e ritorni al giardinetto con la casetta di legno e l’altalena, con la fontanella e le panchine. Prima era deserto, adesso non più, una coppietta si sta abbracciando su una panchina, storditi anch’essi dall’effluvio insensato dei tigli. Ti senti subito di troppo, e allora ti allontani. Ti blocchi di fronte alla lapide che racconta come, più di un secolo fa, il proprietario del palazzo lo “legò” al comune. Anche il vecchio si è bloccato, in mano il pacchetto della farmacia, e aspetta la tua intervista. Gli chiedi cosa si faceva nel palazzo, e lui ti racconta di visite per la patente, per il porto d’armi, per le pensioni di invalidità. Tutte cose che già sapevi ma lui, prima di salutare, vuole ancora indicarti tra le sbarre del cancello la nicchia vuota. Anche la statua della madonna si è eclissata. “Sara ti amo” c’è scritto a caratteri stampatello sul muro del giardino, e con sollievo ti convinci che questo angolo è finalmente diventato il paradiso degli innamorati, non più quello dei tossici.Ma allora, ti chiedi, quel ragazzo che è arrivato in bici, che ha confabulato per qualche minuto con la coppietta e poi se n’è andato pedalando lentamente, chi era?

Palazzo Diverio – Chieri, via San Giorgio 17b

I religiosi Barnabiti si insediarono a Chieri nel 1624 ed eressero prima una chiesa in onore della Consolata e poi, a metà del ‘700, un grandioso palazzo per il loro collegio. All’inizio dell’800 vennero soppressi, la chiesa venne abbattuta e il convento della Consolata fu messo all’asta e acquistato da privati. L’ultimo proprietario fu l’industriale tessile Michele Diverio il quale, nel 1907, lo legò per testamento al Comune di Chieri.
Fu dapprima sede di scuole elementari e poi ospitò il battaglione Alpini “Monte Assietta”. Con la costituzione dell’Opera Nazionale Maternità Infanzia la sua missione si orientò verso attività socio-assistenziali. Nella riforma del sistema sanitario degli anni ’70 divenne Consultorio pediatrico e, fino al 2012, costituì una delle sedi ASL di Chieri.