Autore

Alberto Guggino

Fiorenzo Alfieri è scomparso il 13 dicembre, vittima del covid. Giorgio Parena, redattore di Picchioverde, con cui anche Alfieri ha collaborato con un articolo sull’Accademia Albertina, lo ricorda nella condivisione di anni di impegno per una scuola migliore.


È mancato un amico, un maestro, un leader nato, intelligente e cosciente delle proprie qualità.

Mi costa fatica ricordarlo poiché ha segnato una parte rilevante della mia esperienza umana, prima ancora che professionale. Mi piace soffermarmi sui primi anni della sua meritata carriera, quelli delle elementari alle Vallette, alla Nino Costa, e nelle altre scuole del quartiere.

Forse la storia, a differenza della natura, “facit saltus” e accadono episodi, che riletti a mente fredda col dovuto distacco, risultano punti di svolta, destinati a segnare un’epoca: Per questo, tra i tanti ricordi che costellano almeno due decenni di collaborazione con Fiorenzo, ne ho individuato uno, paradigmatico e intenso. Nell’anno scolastico ‘70/’71 arriva alle Vallette un’ispezione ministeriale, ad indagare cosa stesse succedendo nelle scuole con la nascente sperimentazione del tempo pieno (si realizzava stando a scuola 8 ore anziché 4, la contitolarità era una delle nostre richieste che allora appariva lunare). La tensione era molto alta e si decise, dopo giorni di discussioni, di presentare un documento frutto di un’assemblea di tutti i docenti interessati al nuovo modo di fare scuola. Si invitarono gli ispettori ad attendere , fuori dall’assemblea, le nostre decisioni.

Inutile dire che Fiorenzo Alfieri gestiva la trattativa non solo con gli ispettori, ma anche con la componente refrattaria dei docenti, quelli cioè che, per svariati motivi, non erano disposti a rischiare un confronto di forza con l’autorità scolastica. Presentammo infine il documento e col ritorno degli ispettori a Roma, attendemmo il nostro probabile trasferimento d’ufficio in qualche pluriclasse di montagna. Da Roma giunse invece una risposta positiva, un giudizio completamente favorevole all’avvio della sperimentazione del tempo pieno e, nel successivo a.s., furono nominati due docenti per classe. Quel confronto educato, ma senza compromessi, ha segnato il riconoscimento di un nuovo modo di concepire la scuola, una visione radicalmente innovativa, che spazzava via, senza rimpianti, un’istituzione idealistica e gentiliana, fuori del tempo. La leadership di Alfieri attestava nella prassi pedagogico/didattica quotidiana il volto creativo e costruttivo, emanato da un ’68 troppo spesso sottovalutato o irriso.

Purtroppo a suon di tagli e controriforme (a partire dai DD.DD. del ’74) il significato più profondo di quella innovazione veniva stravolto e svuotato di quella visionaria, incisiva criticità che lo aveva caratterizzato alla nascita. Lo seppero però apprezzare le migliori intelligenze che operavano in quegli anni negli ambienti culturali e scientifici della città e dell’intero paese; questi offrirono il loro contributo di studio, conoscenza ed esperienza, mostrandosi sempre aperti alla collaborazione; penso a De Bartolomeis, a Bobbio, a Quazza, a Solmi, a Tonucci, a Rodari…penso ai tanti Istituti Universitari che collaborano con i nostri gruppi didattici di ricerca; nella maggior parte dei casi queste opportunità ci venivano offerte dalla fattiva intraprendenza e dalla credibilità  che Alfieri aveva acquisito, anche in campo scientifico.

Andava maturando non solo una nuova concezione della scuola, ma una nuova complessiva visione sociale ed istituzionale, che, a Torino, si tradusse in una vittoria della sinistra alle elezioni amministrative del ’75. La nuova giunta, guidata da Novelli, vedeva Alfieri in primo piano a portare nella città quello spirito sperimentale, laico e democratico, che lo aveva guidato nella sua professione di maestro. Con Dolino all’Istruzione, Balmas alla Cultura ed Alfieri allo Sport e Gioventù nasceva un dipartimento amministrativo capace di ridefinire il volto di una città ancora sconvolta e sfrangiata da 600 mila immigrati. Una pubblicazione che, su incarico di Alfieri ebbi il piacere di curare alla fine di quei primi 5 anni di giunta Novelli (La Città e il Bambino), raccoglie le esperienze pionieristicamente avviate in quegli anni, che ancora oggi costituiscono l’ossatura dell’attività amministrativa delle nostre città e spesso sono diventate “normali”, naturali, quasi scontate.

Non avrebbe senso tentare qui un elenco delle idee innovative che Alfieri ha portato alla città di Torino, risulterebbe sommario ed incompleto; essendo a ridosso delle festività natalizie mi limiterò a ricordare le “Luci d’artista”, divenute un punto di forza dell’espressione culturale della città ed uno dei suoi motivi di attrazione.